La donazione d'azienda

 
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Nel delicato momento del passaggio generazionale dell’impresa è possibile, fra i vari istituti, ricorrere alla donazione d’azienda rispetto alla quale il legislatore fiscale, in linea di principio, è abbastanza “magnanimo” assicurando un regime di neutralità ai fini delle imposte dirette e di esenzione ai fini delle imposte di donazione, purchè, in entrambi i casi, ricorrano precise condizioni.

Ai fini delle imposte dirette, l’art. 58, co. 1, Tuir dispone che il trasferimento d’azienda per donazione o successione non costituisce realizzo di plusvalenze.

In tal caso, inoltre, con il preciso fine di evitare salti di imposta, è espressamente previsto che il donatario acquisisce l’azienda non a valori correnti, ma ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al donante. In sostanza la plusvalenza è “sospesa” nel senso che viene rinviata nel momento in cui il donatario cederà il complesso aziendale ricevuti, assumendo come costo di carico quello fiscalmente riconosciuto in capo al donante. Ciò anche se il donatario dovesse essere un soggetto non imprenditore, stante il disposto dell’art. 67, co. 1, lett. h-bis) secondo cui rientrano nei redditi diversi le plusvalenze (da calcolarsi, ai sensi dell’art. 71, co. 2, Tuir, sempre facendo riferimento ai costi fiscalmente riconosciuti in capo al donante) realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite a titolo gratuito.

Ai fini delle imposte indirette, inoltre, se sussistono le condizioni previste dall’art. 3, co. 4-ter, D. lgs. 346/1990, spetta l’esenzione dall’imposta di donazione.

Tuttavia, potrebbero riscontrarsi talune criticità quando beneficiaria del trasferimento a titolo gratuito dell’azienda sia una società commerciale (per esempio quella dei figli del donante) in quanto quest’ultima a seguito della liberalità ricevuta sarebbe tenuta a rilevare una sopravvenienza attiva tassabile ai sensi dell’art. 88, co. 3, Tuir, da determinarsi, presumibilmente, in assenza di specifiche disposizioni, sulla base del valore normale dell’azienda e dunque a valori correnti, con un carico fiscale molto oneroso. Situazione analoga si avrebbe anche ai fini dell’imposta di donazione poiché, evidentemente, il trasferimento dell’azienda a titolo gratuito in favore della società sconterebbe l’aliquota massima dell’8% senza alcuna franchigia.

Ecco perché, come evidenziato dallo Studio n. 36-2011/T del Notariato, vale la pena di pensare a soluzioni alternative essenzialmente basate sul previo conferimento dell’azienda nella società e successiva cessione a titolo gratuito delle partecipazioni.

Così facendo in sede di conferimento ai fini delle imposte dirette ci si gioverebbe della neutralità fiscale prevista dall’art. 176 del Tuir (oltre che della possibilità di affrancare le plusvalenze latenti ai sensi del comma 2-ter della disposizione) e ai fini dell’imposta di registro si sconterebbe l’imposta in misura fissa pari a 200 euro (art. 4 Tariffa d.P.R. 131/1986), così come, in presenza di immobili, sarebbero dovute in misura fissa le imposte ipocatastali (art. 10, D. lgs. 347/1990).

La successiva cessione delle partecipazioni ottenute a fronte del conferimento dal soggetto dante causa (ossia dall’ “ex imprenditore”) potranno da quest’ultimo essere cedute, quale persona fisica, a titolo gratuito senza che sorga ai fini delle imposte dirette alcun reddito tassabile, stante l’assenza di corrispettivo.

Anche ai fini dell’imposta di donazione i beneficiari, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 3, co. 4-ter, D. lgs. 346/1990, potranno godere dell’esenzione da imposta (mentre qualora non dovessero sussistere le condizioni specifiche di esenzione previste per il passaggio a titolo gratuito delle partecipazioni, comunque potrebbero ricorrere quelle per riconoscere le elevate franchigie e le aliquote di imposta ridotte).

Certo, non si può escludere che l’Amministrazione finanziaria aggredisca operazioni di questo tipo richiamando il famigerato “abuso del diritto” (su cui peraltro i decreti attuativi della delega fiscale faranno, si auspica, maggiore chiarezza), forte di una parte di giurisprudenza favorevole.

Ad ogni modo, pur con tutte le cautele del caso, sembrano esserci valide ragioni da opporre all’eventuale contestazione del Fisco, basate in particolare sulla disposizione dell’art. 176, comma 3 che prevede espressamente l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’art. 37-bis, d.P.R. 600/73 del conferimento d’azienda seguito dalla successiva cessione, a titolo oneroso, delle partecipazioni.

Ebbene se detto principio vale in ipotesi di trasferimento a titolo oneroso non si vede perché dovrebbe essere disatteso nell’ambito dei trasferimenti a titolo gratuito ove manca un corrispettivo. Il che dovrebbe portare a ritenere che nessun abuso del diritto sia configurabile, a maggior ragione, nell’ambito dell’imposta di donazione (per le cui regole di accertamento si ricorda che trovano applicazione, ove compatibili, le disposizioni in materia di imposta di registro ai sensi dell’art. 60 dal D. Lgs. 346/90) ove l’Amministrazione finanziaria per formulare la relativa contestazione dovrebbe seguire un percorso particolarmente tortuoso, richiamando l’applicazione dell’art. 20, d.P.R. 131/86 (già di per sé opinabile nell’ambito del registro) quale norma antielusiva “omologa” al citato art. 37-bis.